Pittore
Quando i popoli cominciano ad inalzare col grido alcuni piú eccellenti nel nome che ne' fatti, egli è difficil cosa potere, ancora che a ragione, abbattergli con le parole, sino a che l'opere stesse contrarie al tutto a quella credenza, non discuoprono quello che e' sono. E certo che il maggior danno che a gli altri uomini faccino gli uomini, sono le lode che si donano troppo presto a gli ingegni che si affaticano nello operare; perché facendoli gonfiare acerbi, non gli lasciano andare piú avanti, e non riuscendo poi le opere di quella bontà che elle si aspettavano, accorandosi di quel biasimo, si disperano in tutto de l'arte. Laonde coloro che sani sono, debbono assai piú temer le lodi che il biasimo, perché quelle adulando ingannano, e questo scoprendo il vero insegna. Non ebbe questa avvertenza Boccaccino Cremonese, il quale in Cremona e per tutta Lombardia, acquistò fama di raro | e d'eccellente maestro, perché furono molto predicate in Roma le lodi di lui; laonde egli volse vedere l'opere di Michele Agnolo e, spinto dalla fama di quel che udito n'aveva, se ne venne in Roma; e vedutele, furono talmente da lui abbassate in parole, che la cappella di Santa Maria Traspontina gli fu allogata a dipignere. La quale opera finita e scoperta, chiarí tutti coloro che, pensando che passar dovesse il cielo, non lo videro pur aggiugnere al palco de gli ultimi solari delle case. Perché veggendo i pittori di Roma quella Incoronazione di Nostra Donna, che fatta aveva in tale opera con alcuni fanciulli volanti, cambiarono la maraviglia in riso. Onde egli di Roma si partí e, tornatosene a Cremona, quivi continuò l'arte. E dipinse nel duomo sopra gli archi di mezzo tutte le storie della Madonna, che è una opera molto stimata in quella città. Costui insegnò l'arte ad un suo figliuolo chiamato Camillo, il quale di continuo attese a rimediare dove aveva mancato la vana gloria di Boccaccino, come fanno fede l'opere ch'egli ha fatto nella chiesa di San Sigismondo, lontano un miglio da Cremona, le quali da' Cremonesi sono stimate la piú bella pittura ch'abbino. Fece ancora su la piazza un'altra opera nella facciata d'una casa, et in Santa Agata tutti i partimenti delle volte et alcune tavole, e la facciata di S. Antonio con altre cose che vivendo ha fatte e tuttavia dee fare.
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Cercò Boccaccino nel suo ritorno de la veduta delle anticaglie e delle altre cose de' moderni maestri avanzarsi molto; ma non potendo farlo, colpa del troppo tempo che aveva, fece l'arte pur nel medesimo modo. E finalmente già d'anni LVIII, dicono che per una lunga infermità passò di questa vita. Ne' tempi di costui fu in Milano Girolamo Milanese miniatore, del quale si veggono opere assai, e qui|vi et in tutta la Lombardia. Fu ancora Bernardino del Lupino milanese, quale fu delicatissimo, vago et onesto nelle figure sue, come si vede sparsamente in quella città et a Sarone, luogo lontano da quella XII miglia, nello Sponsalizio di Nostra Donna, et in altre storie nella chiesa di Santa Maria fatte in fresco perfettissimamente. Costui valse ancora nel fare ad olio cosí bene come a fresco, e fu persona molto cortese e servente de l'arte sua; per il che giustamente se li convengono quelle lodi che merita qualunche artefice che, con l'ornamento della cortesia, fa cosí risplendere l'opere della vita sua come quelle della arte.
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